Metti il turbo alla tua azienda con l’Intelligenza Collettiva: il caso della Customer Intelligence
di Luca Romanelli, Consulente di Direzione e Lorenzo Ferracuti, Digital Marketer.
Molte aziende, non solo le più piccole, brancolano nel buio quando si tratta di comprendere il profilo e le motivazioni dei loro clienti finali, affidandosi perlopiù a stereotipi ed opinioni non supportati da una seria analisi. Spesso non si è consapevoli del danno e della perdita di opportunità che ne conseguono: comunicazione inefficace, minori vendite, prodotti e servizi non ottimizzati.
In un articolo precedente (https://www.linkedin.com/pulse/metti-il-turbo-alla-tua-azienda-con-lintelligenza-luca-romanelli) abbiamo proposto un metodo di lavoro basato sul concetto di Intelligenza Collettiva e un Canvas di programmazione delle sue varie fasi. Qui presentiamo un caso esemplificativo di applicazione del Canvas, in cui l’obiettivo finale è profilare con chiarezza i clienti ed aumentare l’efficacia della loro esperienza di acquisto, con benefici enormi sul conto economico.
La funzione principale del Collective Intelligence Design Canvas (CIDC) è infatti quella di impostare un metodo di lavoro efficace, che coinvolga tutta l’organizzazione aziendale e che ne divenga patrimonio permanente. Metteremo qui alla prova il nostro CIDC nel caso di una immaginaria piccola o media azienda nel settore moda che opera attraverso canali tradizionali (agenti, rivenditori) ed e-commerce. La nostra azienda comunica online attraverso il sito, i social ed altri strumenti digitali.
Il Canvas delinea un percorso in cui i vari elementi si integrano tra di loro, per generare una prassi organizzativa stabile che promuove la collaborazione, la comunicazione interna, la motivazione dei collaboratori e soprattutto una nuova consapevolezza che porta ad azioni più rapide e mirate.
Gli obiettivi principali di ciascuna fase sono illustrati sinteticamente nel Canvas che segue:
Nei paragrafi che seguono approfondiremo obiettivi e modalità di ciascun quadrante.
1. Definire il problema (la sfida)
In azienda, la soluzione dei problemi parte sempre da una chiara definizione delle sfide. E’ importante, inoltre, che le soluzioni abbiano una concreta utilità per le persone e le funzioni coinvolte. Succede spesso, infatti, che obiettivi assegnati dall’alto e non condivisi cadano nel vuoto e vengano di fatto ignorati nella routine quotidiana, perché considerati irrilevanti.
Ci sono varie metodologie per giungere a definire il problema (problem framing) anche se non ci soffermeremo su di esse in questa sede.
Nel nostro esempio l’azienda ha deciso che, al fine di migliorare i risultati aziendali, vuole profilare i propri clienti, sia quelli che hanno già acquistato che quelli che hanno espresso un qualche interesse nei suoi confronti. Vuole cioè definirne caratteristiche anagrafiche, personalità, modalità d’uso e motivazioni d’acquisto. Per chi ha acquistato, vuole conoscere il livello di soddisfazione, i motivi di insoddisfazione e la propensione al riacquisto. Si vuole inoltre comprendere meglio il posizionamento del brand rispetto ai concorrenti principali.
A questi obiettivi sono concretamente interessati la Direzione Generale, che vuole migliorare i bilanci ed affinare la visione strategica, il Marketing e/o l’agenzia Digital Marketing esterna, che desidera creare asset per le campagne di comunicazione e advertising più efficaci e far crescere l’e-commerce, il Commerciale e la rete degli agenti, per verificare se i punti vendita attuali hanno localizzazione, posizionamento, presentazione del prodotto, formazione del personale in linea con le aspettative dei clienti, lo Sviluppo Prodotto per una più mirata definizione delle collezioni. Queste saranno quindi le funzioni aziendali che dovranno essere coinvolte nel processo, magari istituendo un Gruppo di Lavoro.
Possiamo quindi immaginare che, dopo una o più riunioni coordinate da un Capo Progetto o un Consulente, il Gruppo di Lavoro produca un documento per la parte centrale del nostro CIDC, così come sintetizzato nell’immagine sotto, dove vengono indicati gli obiettivi del progetto, il budget previsto, i tempi per il raggiungimento dell’obiettivo, eventualmente divisi in più fasi o con milestone di controllo.
A questo punto la sfida è un problema condiviso dell’organizzazione e non solo della Direzione o di una singola funzione. Sono state poste le basi di un dialogo ed una collaborazione.
2. Generare e raccogliere le informazioni
In una fase successiva, il Gruppo di Lavoro si occuperà dei due quadranti superiori, definendo analiticamente le informazioni da raccogliere, i canali da cui queste provengono e le modalità di generazione ed estrazione dei dati. Nel nostro caso concreto, ad esempio, l’analisi dei clienti che hanno acquistato può essere decritta sinteticamente dalla matrice che segue:
Le fonti di dati identificate sono i siti di e-commerce (propri o esterni), il CRM (o altri sistemi di raccolta dati del Customer Care), il sito, l’app aziendale (nella quale i clienti si registrano per avere sconti, garanzie e informazioni), le newsletter inviate a clienti che hanno fornito il loro indirizzo mail, le survey (inchieste) somministrate online. Ognuno di questi strumenti può fornire uno o più tipi di dati, che in alcuni casi possono essere estratti direttamente dalle anagrafiche di acquisto (ad es. età, sesso e luogo di nascita dai codici fiscali dell’acquirente, luogo di domicilio). Altre informazioni dovranno invece essere sollecitate con azioni specifiche, come newsletter, giochi online (su sito o app), inchieste online, oppure ricavate usando le analitiche dei motori di ricerca come Google o analytics dei vari strumenti di email marketing come Mailchimp, che “leggono” la navigazione del cliente su una newsletter o altri che descrivono il profilo demografico (reddito/livello culturale) di un’area geografica definita da uno o più CAP.
Il mix di dati, fonti e attività dipende dal budget a disposizione e dalla qualità delle informazioni ricercate. La frequenza di elaborazione delle informazioni può variare, a seconda dell’uso concreto che le funzioni aziendali ne faranno ed il loro costo. Le survey, ad esempio, possono risultare costose per la necessità di offrire incentivi in cambio di informazioni e quindi essere svolte più raramente e magari solo su campioni significativi della clientela.
Volendo conoscere meglio i consumatori che non hanno acquistato prodotti ma in qualche modo hanno mostrato interesse per essi o per il brand, si può immaginare un altro flusso di dati, descritto dalla tabella che segue. Le informazioni ricercate includeranno in questo caso il sentiment dei consumatori, la percezione del brand, le tendenze del mercato e il posizionamento rispetto ai competitors. Non avendo informazioni provenienti dal processo di acquisto se ne utilizzeranno altre, come interazioni, commenti, foto e video postati, dati anagrafici (ricavati dalle analitiche dei social) dei follower dell’azienda sulle varie piattaforme (audience).
A questo punto il nostro CIDC potrà essere completato nei due quadranti superiori:
Oltre a quanto detto, bisognerà stabilire come archiviare i dati, in che formato, per quanto tempo e chi avrà accesso ad essi. La chiarezza e facilità di accesso e lettura dei dati è tanto importante quanto la loro disponibilità. Si potranno a questo fine creare appositi portali, con indici agevoli e modalità di visualizzazione efficaci e leggibili.
3. Interpretare i dati
I dati raccolti servono a poco o addirittura possono generare inutile stress nell’organizzazione se sono considerati come poco significativi ed inutili.
Abbiamo detto fin dall’inizio che la loro generazione è legata a una sfida e ad obiettivi che sono stati concordati da un Gruppo di Lavoro, in vista di un loro utilizzo concreto. Tuttavia, perché questo avvenga, occorre interpretare i dati per dare loro un senso chiaro e condiviso che motivi le varie funzioni e l’azienda nel suo complesso ad agire.
L’interpretazione dei dati e del loro impatto sulle decisioni aziendali può essere affidata ad una specifica funzione aziendale ma anche, forse più utilmente, scaturire da un confronto all’interno del Gruppo di Lavoro, magari assistito da un consulente esterno.
L’interpretazione richiede sempre chiarezza sui metodi e sui presupposti utilizzati, specie quando essa si materializza in costruzioni astratte come, ad esempio, le Personas, o in una mappatura dei valori percepiti o degli stili di vita. E’ importante che il Gruppo di Lavoro valuti l’utilità e i limiti di questi strumenti concettuali per le specifiche decisioni da prendere. Nel fare questo, è bene anche che le dinamiche di gruppo assicurino l’emersione di tutti i punti di vista e una condivisione convinta delle sintesi. L’”immaginario condiviso” che si forma nella fase di interpretazione è un capitale di fiducia prezioso per fluidificare e mettere in fase i processi aziendali.
Non va dimenticata l’importanza della chiarezza ed efficacia delle modalità di visualizzazione delle informazioni. Di seguito un paio di esempi, che descrivono i driver di preferenza di un prodotto food (fonte: www.KPI6.com)
L’analisi delle informazioni raccolte può consentire di identificare nuovi gruppi di clienti, con Personas distinte da quelli ritenuti tradizionali, aprendo la strada a personalizzazioni del prodotto e dei servizi offerti.
Le Personas costituiscono una potente sintesi dei nostri clienti attivi e potenziali. La loro rappresentazione può evidenziarne con chiarezza i tratti essenziali per alcune funzioni, mentre può essere più dettagliata per altre. (fonte KPI6.com).
Molto efficaci possono risultare le rappresentazioni della customer experience, specie quando evidenziano gap e sofferenze rispetto alla proposta di valore aziendale e le conseguenti opportunità di miglioramento.
4. Usare le informazioni per agire
Le informazioni, alla fine, servono per prendere delle decisioni. Dopo aver dato loro un senso ed una sintesi adeguata il Gruppo di Lavoro dovrà generare indicazioni (brief) alle varie funzioni, che potranno riguardare, ad esempio, l’impostazione delle campagne di comunicazione, la scelta dei media, nuovi dati da rilevare, linee guida per lo sviluppo delle collezioni, la selezione dei rivenditori, il merchandising, la formazione del personale di vendita e assistenza. Si definirà anche un calendario dei momenti più opportuni per elaborare e comunicare i brief.
La riflessione potrà essere anche ricondotta al livello più alto, per una revisione della strategia aziendale o essere oggetto di comunicazione e condivisione con tutti i collaboratori.
I brief potranno utilmente contenere degli indici di performance (KPI) da migliorare, che potranno confluire in uno o più “cruscotti” consultabili dalla Direzione e dalle funzioni che si ritiene utile coinvolgere. Gli investimenti saranno attivati quando si valuti che le azioni identificate conducano a un significativo miglioramento dei KPI identificati. Ogni funzione coinvolta avrà quindi dei compiti e le metriche necessarie per misurare l’efficacia delle azioni intraprese.
Il nostro Canvas potrà allora assumere una forma completa simile a questa:
A questo punto, possiamo veramente dire di avere messo in piedi un processo di intelligenza collettiva, nel quale la conoscenza del cliente non risiede più in alcune persone o in una funzione, ma è prodotto e patrimonio comune dell’organizzazione, che la utilizza in maniera sinergica per correggersi e svilupparsi.